- -Il nero cuore del bianco cigno -
L' indotta ambizione della povera Nina - e quindi la di lei vita - è contigua all' ordine della madre assorta a Dio: invidia e rabbia emergono come ardente furia di una donna che brama distruzione/realizzazione della figlia, la dilaniata pelle della giovane ballerina, pelle come prima forma d' arte, lancinata di continuo, è metafora non solo del fulcro - Imperativo materno - Ma simbolo d' emersione d' angoscia, di quel sempre più esile corpo "Modellato" anche da Vincent Cassell, corpo che grida pietà, pronto ad emettere il canto finale, vomitando tra una visione e l' altra quel malessere cui tutti hanno concorso aldilà di ogni responsabilità...
Certo, il film è geometricamente perfetto come perfetto è il tragico epilogo finale, quasi zen, aderente alla trama ed a quel progetto di vita che vede la bella e brava Portman fuori dai binari e, ironia della sorte, unica ballerina non protagonista perchè carnica rappresentazione dei desideri del branco.
Grande il regista a non affrontare il tema dell' amore: "Nina, non può amare".
Dapprima è ragazza frigida, vergine, per poi "Gemellarsi" e chiudere completamente quel cuore, bianco e freddo come l' algido cigno mai capace di cantare, di affrontare quelle variazioni sul tema "vita" che non si combinano solo in freddi incastri da architetti ed orologiai; la vita è più difficile, imprevedibile, e solo un cuore caldo è capace di sfatarne anche le più proibitive difficoltà.
"Il nero cuore del bianco cigno" è' un sincero omaggio al personaggio di Nina, capace, tramite la danza, di sbatterci in faccia il mal di vivere e dimostrare quanto arcani ed ancestrali dolori trovino spazio in ogni manifestazione, leggasi arte.
D' altr'onde non è forse vero che la civilizzata società - per troppi versi - dietro incantevoli vestigia rifulga di prevaricante ritorno alla preistoria? (CittaDeiDuelli).